Non è ora di lasciar perdere la PETA e associazioni simili?

Articolo originale in castigliano: http://www.veganactivist.net/es/?itemid=386


L'associazione People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) ha come titolo sul suo sito web "The Animal Rights Organization". E’ una chiara dimostrazione d'arroganza presentarsi come "LA Associazione dei diritti per gli animali". E l'interesse che hanno nel presentarsi così trova un senso se osserviamo il crescente numero d'individui e associazioni che dichiarano apertamente che la PETA non è un'associazione dei diritti per gli animali. Riassumendo, non è abolizionista, ma neo-riformista. Il titolo e gli slogan "Animals are not ours to eat, to wear, to entertain with or to experimen to on" non sono altro che una retorica che nasconde la realtà del loro lavoro riformista e protezionistico che fanno da parecchi anni. E' molto triste che la PETA sia considerata da molti come un punto di riferimento del movimento dei diritti per gli animali e ciò indica solo la confusione che c'è dentro l'attuale "movimento". Se abbiamo bisogno di prove per capire il perché, allora vediamo:

  • Hanno ucciso direttamente diverse migliaia di animali, esattamente 14.419 tra 1998 e 2005. (alcuni venivano uccisi dopo averli presi in custodia da solo 3 ore. Hanno avuto una percentuale di uccisioni del 80.1%. Questo è qualcosa riconosciuto dalla stessa PETA e dimostrato davanti a un giudice: Ingrid Newkirk (presidentessa della PETA) ha risposto chiedendo perdono solo per quello che ha fatto dopo coi cadaveri, ma non per aver ucciso tutti quegli animali.

  • La PETA non difende il "diritto di vivere" degli animali. Posta elettronica da Ingrid Newkirk a Nathan Winograd: "we do not advocate 'right to life' for animals" & "I'm not clear how the cats you referred to (who were at odds with their owners landlord) are to be allowed to live out their lives...we do have a policy against no-kills..."

  • Ingrid Newkirk ha ucciso personalmente migliaia di animali prima di fondare la PETA ed è qualcosa che continua a difendere ancora oggi: "I would go to work early, before anyone got there, and I would just kill the animals myself. Because I couldn't stand to let them go through (other workers abusing the animals.) I must have killed thousands of them, sometimes dozens everyday."-- Ingrid Newkirk, President, PETA, The New Yorker (2003).

  • Rifiutano costantemente i rifugi "no-kill shelters", rifugi dove non si uccidono gli animali o si uccidono solo in caso di eutanasia vera.




  • La PETA ha ucciso tacchini, galli e conigli nel suo "rifugio" ad Aspen Hill nel 1991 perché voleva risparmiare i soldi che si spendavano per tenerli in vita, secondo Alex Pacheco -PETA- "We just don't have the money" (nonostante la PETA prendesse circa 6 milioni di dollari l'anno in quel momento, ed ora prende molti di più). “Notes on the Care of Chickens, Sheep, Rabbits, and Turkeys at Aspin Hill” By David J. Cantor.


  • Promuovono leggi riformiste come l'Animal Welfare Act e leggi simili (tutto ciò non fa altro che perpetuare ancora di più lo status di proprità degli animali, assicurando che le "risorse" siano sfruttate in modo efficiente e che le persone in generale abbiano la coscienza tranquilla ogni volta che consumano prodotti di origine animale).

  • Promuovono il consumo di carne di balena sotto l'assurda logica che provoca meno morti rispetto al consumo di carne di pollo. Certo, anche violentare senza picchiare la vittima forse provoca meno sofferenza, ma promuovere il violentare senza picchiare o dichiarare che è una cosa accettabile è ovviamente un'assurdità enorme.




  • "Un'altro premio a Whole Foods per la vendita di prodotti animali che provengono da un certo tipo di sfruttamento.







  • Hanno un atteggiamento frivolo riguardo allo sfruttamento animale, esibendo nudi gratuiti e senza senso.


  • Promuovono riforme su come sfruttare gli animali.


  • Hanno delle persone non vegan come rappresentanti dei diritti degli animali (Pamela Anderson ad esempio mangia uova e latte e ha finanziato un ristorante che serve prodotti animali, Tobey McGuire, ecc.).





  • Promuovono il libro Animal Liberation di Peter Singer e l'immagine di questo come "padre del movimento dei diritti degli animali" nonostante in questo libro, Singer affermi che rispetta chi mangia carne che proviene da animali allevati sotto certe condizioni, un personaggio che ha violentato tacchini (come racconta nel suo libro "The Way We Eat"), che considera l'essere vegan come fanatismo, che considera minime riforme "welfariste" come una rivoluzione o che scrive lettere elogiando aziende che vendono cadaveri.

  • Riguardo ad una manifestazione contro la tauromachia il primo motivo per partecipare è questo: 1. It's about babes -not bulls. Hardly-dressed hotties and nearly-nude dudes- need we say more? Gli altri sono questi. (Solo l'ultima riguarda agli animalli).



Ovviamente si può dire molto di più e non è necessario che nessuno dica: "ma promuovono il veganismo" perché il loro supporto a questo è ridicolo in confronto al danno che provocano al movimento dei diritti per gli animali.

Insomma, un movimento che ha la PETA o altre associazioni simili come referenza e che evita mettere in discussione il loro costante lavoro per riformare lo sfruttamento animale e collabora direttamente con gli aguzzini come Burger King, McDonalds o altri, credo non possa essere preso sul serio, o almeno io sono certo di non far parte dello stesso movimento.


I veri protagonisti delle pubblicità dei prosciutti

In Spagna, l'azienda Campofrio ha realizzato una pubblicità per promuovere i suoi prodotti, nella quale ridicolizzano il vegetarismo e il rifiuto del consumo di prodotti di origine animale. Uguaglianza Animale ha deciso di rispondere con un'inchiesta dentro uno dei loro allevamenti di maiali e siamo entrati due volte per poter mostrare con video e foto tutto ciò che abbiamo visto in questo posto.

Abbiamo preparato 13 immagini che fanno una parodia dei loro annunci, sostituendo la loro pubblicità finta con le vere immagini cha abbiamo preso dai loro allevamenti.

Abbiamo anche realizzato un video con i sottotitoli in italiano che riassume le diverse ore di materiale ottenute.




Uguaglianza Animale risponde a pubblicità che ridicolizza il vegetarianismo from Igualdad Animal.



Animali feriti, malati, mutilati, spaventati... migliaia di animali rinchiusi per tutta la loro vita, senza vedere la luce del sole e con gravi problemi psicologici.


Dopo aver realizzato quest'inchiesta, che è stata presentata sul sito InvestigacionesAnimales.org, 16 dei nostri attivisti sono andati negli uffici di questa azienda con 16 cadaveri di maialini, presi dallo stesso allevamento, per fare una manifestazione per i diritti degli animali proprio nella loro sede principale.


La manifestazione era divisa in 3 gruppi. All'inizio 4 attivisti sono entrati negli uffici con 2 cadaveri di maialini nascosti per lasciarli dentro, mentre altri 12 attivisti avevano in mano altri 14 cadaveri sfruttati dall'industria della carne all'entrata principale. Dopo alcuni minuti, i 12 attivisti hanno deciso di entrare anche loro dentro gli uffici, per far vedere ai lavoratori la realtà nascosta dietro la loro pubblicità. I cadaveri li abbiamo lasciati nella reception insieme a uno striscione con la frase: "La realtà dietro il consumo di animali. Vegetarismo è giustizia".


Alcuni minuti dopo, un altro attivista ha coperto la loro pubblicità a 15 metri di altezza con un altro striscione molto più grande dove si poteva leggere: "Gli animali non sono cibo. Vegetarismo è giustizia".

Uguaglianza Animale ha organizzato questa manifestazione per far conoscere l'inchiesta portata nelle ultime settimane in uno degli allevamenti della ditta Campofrio.

E' stata una manifestazione pacifica, come tutte le manifestazioni realizzate da noi, e vogliamo semplicemente creare un dibattito sociale sullo sfruttamento animale e la scelta vegetariana.

Ringraziamo tutti gli attivisti che hanno partecipato, tra i quali c'erano 2 italiani, e anche i mass media che hanno deciso di diffondere la notizia.


Galleria fotografica:

http://flickr.com/photos/igualdadanimal/collections/72157606040604912/


Protesta contro la corrida

Attivisti di Uguaglianza Animale entrano nell'arena per protestare contro la corrida.

Nel pomeriggio di domenica 15 giugno, diversi attivisti dell'associazione Igualdad Animal hanno effettuato due atti di protesta nella Piazza dei Tori Monumental di Barcellona.

Nello stesso momento, due attivisti hanno appeso sul tetto uno striscione su cui si poteva leggere "Tauromaquia abolizione - diritti per tutti gli animali", e altri quattro attivisti sono saltati dentro l'arena "armati" di cartelli e striscioni su cui si poteva leggere "abolizione", mentre il toro stava morendo dopo essere stato torturato.


Questi quattro attivisti sono stati assaliti, e tutti loro sono stati picchiati ripetutamente, e sono stati trasferiti in ambulanza all'ospedale del Mar di Barcellona. I quattro attivisti sono stati successivamente arrestati.



Guardate il video, che mostra prima la violenza della corrida, e poi la protesta degli attivisti dentro l'arena:




Questo video mostra la protesta fuori dall'arena, col mega striscione appeso:



Riscatto Aperto di 10 galline

Nella Giornata Internazionale per i Diritti Animali, 10 dicembre 2008, Uguaglianza Animale presenta il suo terzo "riscatto aperto", un'azione in cui abbiamo liberato dieci galline da un allevamento intensivo per la produzione di uova.

Sette attivisti di Uguaglianza Animale (Iván, Javier, Sharon, Eu, Conchi, Jose e David) - aiutati da altri all'esterno - sono entrati in un allevamento intensivo per liberare 10 galline che vivevano private delle libertà e per documentare ciò che succede in questi luoghi.





Siamo entrati attraverso una delle porte aperte dell'edificio, senza dover forzare niente. Tante volte, per scoprire la realtà che si nasconde dietro i muri dell'industria dello sfruttamento animale, bisogna solo aprire una porta e guardare dentro. Decine di migliaia di galline aspettavano all'interno, ma potevamo solo liberarne 10, per le quali avevamo già trovato una casa pronta per la loro vita in libertà

Durante il riscatto ci siamo divisi in diversi gruppi, mentre alcuni aprivano le gabbie e prendevano le prigioniere di questo carcere, un altro gruppo registrava in video com'è la vita di una gallina sfruttata per le sue uova. Un bidone pieno di cadaveri ci ha ricordato che alcune non riescono nemmeno ad arrivare al macello, che è il posto dove tutte le altre galline vengono mandate quando diminuisce la loro produzione di uova.




Una volta messe le dieci galline dentro le scatole preparate per trasportarle, le abbiamo portate dentro un nostro camioncino fino a un rifugio temporaneo. La mattina dopo, le abbiamo fatte visitare dal veterinario che le ha controllate e ci ha dato dei consigli perché potessero riprendersi. Le galline soffrivano di mancanza di vitamine, avevano parassiti interni, probabilmente osteoporosi dovuta alla perdita di calcio causata dal dover deporre tante uova - e anche dal non poter vedere la luce del sole durante tutta la loro vita. Inoltre probabilmente avevano persino il fegato distrutto a causa del cibo iperproteico che dovevano per forza mangiare, per produrre il maggior numero possibile di uova.



Otto su dieci avevano solo qualche piuma sul corpo, come si può vedere dalle foto, ma per fortuna si stanno già riprendendo.

La mancanza di vitamine, i parassiti e il contatto continuo con l'acciaio delle gabbie causano la perdita di quasi tutte le piume. Lo stress le porta ad un comportamento in cui si beccano costantemente, causandosi ferite che peggiorano giorno dopo giorno. Il cannibalismo è abituale nei sistemi di sfruttamento delle galline, per questo, al momento della nascita, tagliano il becco a tutte quante perché ci siano meno perdite economiche dovute alla diminuzione della produzione delle uova e della qualità della carne.



Adesso si trovano in un luogo adatto dove saranno protette e dove le loro necessità saranno soddisfatte, lontane da qualunque tipo di sfruttamento e dove potranno iniziare a godersi la vita facendo lunghe camminate sotto il sole, scavando la terra o facendo il nido tra l'erba alta, senza la paura che qualcuno faccia loro del male nel momento in cui smettaranno di deporre uova.




Questa liberazione è stata fatta in un allevamento con gabbie in batteria, compatibili con le gabbie "arricchite" o "adattate", che saranno obbligatorie a partire dal 2012 in tutta l'Unione Europea. Ma anche negli allevamenti dove non si usano gabbie, le galline continuano ad essere private di libertà, vengono sfruttate come risorse e alla fine vengono inviate al macello.

Centinaia di milioni di galline in Europa sono vittime di questo sistema di sfruttamento solo per soddisfare la richiesta di uova. Ma non dimentichiamoci delle altre centinaia di milioni di pulcini maschi - i loro fratelli - che sono anch'essi vittime di questo consumo e che vengono di solito dimenticati e non sono nemmeno presenti nelle statistiche ufficiali. In tutti gli allevamenti che "producono" galline ovaiole, i pulcini maschi vengono massacrati appena nati. Li triturano vivi oppure vengono uccisi nelle camere a gas, dato che non producono uova e non sono economicamente convenienti per altri tipi di sfruttamento (i "polli da carne" sono di una razza apposita, le galline ovaiole di un'altra).

Con questo riscatto, oltre ad aiutare le 10 galline che abbiamo portato fuori dalle gabbie, vogliamo chiedere in un giorno così importante come la Giornata Internazionale per i Diritti Animali l'abolizione di ogni sfruttamento animale. Questo riscatto aperto è un'azione di disubbidienza civile verso una società e verso delle leggi speciste. Al giorno d'oggi gli altri animali vengono considerati proprietà degli umani e, da questo punto di vista, quest'azione potrebbe essere considerata come un furto al propietario del centro di sfruttamento. Tuttavia, le leggi non sempre sono sinonimo di giustizia. Poco più di un secolo fa, era legale schiavizzare altri umani e il liberarli andava contro le leggi di quel periodo ed era un'azione punibile.



E' ingiusto considerare gli altri animali come nostre proprietà, come se si trattasse di oggetti in nostro possesso. Tutti loro sono individui come noi, con interessi propri che devono essere rispettati. Indipendentemente dalle differenze che possano esserci tra gli uni e gli altri, tutti siamo in grado di provare sentimenti e vogliamo goderci la nostra vita senza essere schiavizzati.

Vogliamo ricordare che tutti possiamo contribuire a porre fine allo sfruttamento animale, adottando uno stile di vita rispettoso verso di loro. Non partecipando al loro sfruttamento e non consumando prodotti di origine animale, contribuiamo a salvare animali in modo diretto.




Per l'abolizione della schiavitù animale.


Video della liberazione:


Riscatto aperto di Uguaglianza Animale di 10 galline from Igualdad Animal.




Galleria fotografica:
http://www.flickr.com/photos/igualdadanimal/sets/72157608398954553/


www.igualdadanimal.org
www.rescateabierto.org

I “Welfaristi” dei diritti degli animali: un ossimoro. Joan Dunayer

“Gassate i polli!” Uno slogan immaginario, troppo moralmente ripugnante per essere vero. Eppure, alcuni gruppi per la tutela degli animali, tra cui PETA e United Poultry Concerns, hanno chiesto che i macelli utilizzino il gas per uccidere i polli nelle casse utilizzate per il loro trasporto, anziché lasciarli coscienti mentre vengono incatenati per le zampe, paralizzati con l’elettricità e sottoposti al taglio della gola. L’assassinio di massa dei polli è ingiusto, non necessario e invariabilmente crudele. Esortare a che i polli vengano gassati, invece, suggerisce altrimenti. Suggerisce che il problema sta nel modo in cui vengono uccisi. Una campagna a favore di una macellazione meno crudele propone un nuovo metodo per commettere un omicidio di massa. Una campagna simile è “welfarista”.

Le campagne “welfariste” promuovono l’idea per cui animali ridotti in schiavitù e macellati possano conoscere il benessere (welfare). Il welfare autentico è incompatibile con la riduzione in schiavitù, la macellazione ed altri abusi, per questo metto le virgolette al termine welfare quando il termine viene usato a proposito di un danno specista. Le campagne “welfariste” sono contro i diritti. Sostengono modi diversi di violare i diritti morali dei non umani. Le cosiddette campagne per la macellazione umanitaria difendono un modo diverso di violare il diritto alla vita dei non umani. Le campagne a favore di una detenzione meno dura difendono un modo diverso di violare il diritto alla libertà dei non umani.

La PETA ha fatto pressioni su McDonald’s, Burger King e Wendy’s chiedendo che i loro fornitori di uova e carne tenessero imprigionati gli animali nonumani in un modo meno crudele. Tali ristoranti adesso hanno specificato, tra l’altro, che i propri fornitori di uova sono tenuti ad aumentare lo spazio a disposizione di una gallina ovaiola da 48 a 67 pollici quadrati (da 122 a 170 centimetri quadrati). Una gallina ha il diritto morale non a essere imprigionata né in 48 né in 67 pollici quadrati. Molti attivisti hanno inneggiato “Cosa vogliamo? Diritti per gli animali! Quando lo vogliamo? Adesso!”. Con buone ragioni, nessun attivista ha gridato “Cosa vogliamo? Gabbie leggermente più grandi! Quando le vogliamo? Quando McDonald’s o altri sfruttatori di massa chiederanno ai loro fornitori di usarle!”. Ogni tentativo di lavorare assieme alle industrie dello sfruttamento degli animali, anziché contro di loro, dovrebbe far innalzare un’enorme bandiera rossa. E’ moralmente sbagliato sfruttare un non umano a prescindere dalla disponibilità di spazio, dal fatto che lo si faccia all’interno o all’esterno di una gabbia. Questo è il messaggio che i difensori degli animali dovrebbero trasmettere.

Non abbiamo bisogno di mangiare parti del corpo di polli uccisi con il gas o con altri metodi, qualunque essi siano. Non abbiamo bisogno di mangiare uova ottenute da galline tenute prigioniere in gabbie o in qualsiasi altro metodo. Non abbiamo bisogno di mangiare alcun cibo ottenuto da un animale non umano. Anziché chiedere una macellazione o una detenzione meno crudeli, dovremmo promuovere il veganismo. La semplice pubblicità data alle realtà dello sfruttamento dei non umani può spingere molte persone a diventare vegan. Persuadere la gente ad adottare uno stile di vita vegan fa ridurre il numero dei non umani che soffrono e muoiono. E fa ridurre anche il sostegno popolare alle industrie della carne, della vivisezione e delle altre forme di sfruttamento dei non umani, affrettando il giorno in cui queste potranno essere proibite.

Alcuni attivisti abbracciano sia il “welfarismo” che il veganismo. Il loro “welfarismo” impedisce la diffusione del veganismo perché implica che lo sfruttamento dei non umani sia inevitabile, e quindi accettabile se viene condotto in modo “umanitario”. Il nostro messaggio al pubblico dev’essere chiaro e coerente: non abbiamo bisogno di sfruttare altri animali; farlo è ingiusto e provoca sempre sofferenza. Proprio come chi è un modello di comportamento per il veganismo deve aderirvi nella vita reale, i portavoce del veganismo devono aderirvi nel fare pressione sugli altri. Non avrebbe senso sostenere il veganismo indossando pelle di mucca e mangiando carne di maiale. Né avrebbe senso farlo se, un momento dopo, ci si dedicasse a sostenere la produzione di carni o uova presumibilmente più saporiti. Per avere pieno potere, la nostra opposizione allo sfruttamento dei non umani dev’essere inequivocabile.

Dovremmo sostenere tenacemente i diritti dei non umani - vale a dire, la loro emancipazione. I “welfaristi” che si autodefiniscono attivisti “per i diritti degli animali” sottolineano il concetto dei diritti dei non umani. Queste persone confondono la gente facendo pensare che l’imprigionamento, la macellazione e altri abusi specisti possano essere coerenti con i diritti dei non umani. I “welfaristi” sostituiscono il diritto alla vita dei non umani col “diritto” a essere assassinati in un modo che implichi meno terrore e dolore. Essi restringono il diritto alla libertà dei non umani col “diritto” ad essere imprigionato ingiustamente in uno spazio più ampio. In realtà chi manca dei diritti di base –alla vita e alla libertà- non ne ha nessun altro.

Mentre promuoviamo l’emancipazione totale, possiamo realizzare obiettivi parziali, attraverso divieti di tipo abolizionista (cioè tendenti all’emancipazione). Come minimo, ogni divieto abolizionista protegge taluni animali da alcune forme di sfruttamento, impedisce che gli animali accedano a situazioni di sfruttamento e può essere in grado di sottrarne alcuni da uno sfruttamento già iniziato. Ad esempio, vietare che gli elefanti siano protagonisti di “attività animali” li emancipa dai circhi e da altre situazioni in cui dovrebbero esibirsi. Vietare la caccia agli orsi impedisce che vengano feriti o uccisi; si previene un abuso, anziché modificarlo. Gli attivisti possono lavorare per numerosi divieti di tipo abolizionista, inclusi i divieti riguardanti i prodotti di pelliccia, il foie-gras, la clonazione di animali domestici, la detenzione di animali marini in prigioni acquatiche. Per adesso, i divieti abolizionisti non emanciperanno molti nonumani, ma alcuni sì, e si muovono nella giusta direzione. Non potremo vietare i prodotti specisti più diffusi (come la carne di pesce, il latte di mucca e le uova di gallina) finché non costruiremo un’opposizione popolare a quelle altre pratiche.

Quando non si possono ottenere dei divieti abolizionisti, ci si può impegnare in boicottaggi abolizionisti. Nonostante siano privi della forza della legge, i boicottaggi possono essere altamente efficaci. Una campagna come “Boicotta le uova!” promuoverebbe l’emancipazione delle galline. Convincendo più persone a smettere di acquistare uova, si diminuirebbe il numero delle galline sofferenti e al contempo aumenterebbe l’opposizione all’intera industria delle uova. Allo stesso modo, un boicottaggio di prodotti per l’igiene personale sperimentati su animali ridurrebbe la vivisezione e stimolerebbe la domanda di prodotti cruelty-free. Oltre a boicottare determinati prodotti, gli attivisti possono boicottare anche particolari istituzioni speciste, come le corse di cavalli e gli zoo.

Generalmente, i “welfaristi” dicono: “Sostengo tutto quello che riduce la sofferenza degli animali”. A lungo termine, le misure “welfariste” aumentano la sofferenza perché fanno perpetuare lo sfruttamento. Prendiamo la legge americana sui metodi umanitari di macellazione (Humane Methods of Slaughter Act, HMSA). Se si è del tutto informati su quello che succede all’interno dei mattatoi, si sa che l’HMSA viene completamente meno all’obiettivo di proteggere gli animali non umani. Principalmente, esso rafforza il sostegno del pubblico alla macellazione, legittimando l’industria della carne e dando la falsa impressione che le vittime siano uccise “in modo umanitario”, Le misure “welfariste” sono ampiamente inutili perché lasciano gli animali nelle mani dei loro oppressori. Solo misure tendenti all’emancipazione, che onorano i diritti morali degli animali, possono proteggere in modo adeguato i non umani. L’autentico welfare non umano richiede la libertà dallo sfruttamento.

Joan Dunayer è l’autore di “Animal Equality: Language and Liberation”, 2001 e del più recente “Speciesism”, entrambi editi negli USA da Ryce Publishing.



Articolo originale in inglese: ( http://www.satyamag.com/mar05/dunayer.html )
Traduzione a cura di Roberta Seclì.

Abolizione dello sfruttamento animale: il viaggio non comincerà finché faremo passi indietro. Gary L. Francione

Nota di traduzione: nel seguente testo si utilizza il maschile come generico con l’unico fine di facilitare la lettura e comprensione del testo. Non è intenzione dell’autore né del traduttore utilizzare un linguaggio sessista o discriminatorio.


In The Longest Journey Begins with a Single Step: Promoting Animal Rights by Promoting Reform (Il viaggio più lungo inizia con un semplice passo: promuovendo i diritti animali promuovendo riforme) (http://www.satyamag.com/sept06/singer-friedrich.html), Peter Singer e Bruce Friedrich di PETA affermano che una “strana” controversia si è sviluppata “negli ultimi anni” riguardo a se i difensori dei diritti animali dovessero perseguire il protezionismo animale come un mezzo per raggiungere i diritti animali. Questa controversia non è né “strana” né “recente”.
La controversia non è “strana” perché esiste un’inconsistenza fondamentale tra la regolazione dello sfruttamento animale e la sua abolizione. La controversia non è “recente”, dato che la tensione tra i diritti e il protezionismo è stata in continuo movimento animalista durante gli ultimi quindici anni. Quello che è “recente” è che c’è un movimento mondiale emergente di attivismo di base, che sta questionando l’egemonia delle organizzazioni corporative di protezionismo animale che hanno dominato il movimento, e che sta cercando di formulare un paradigma abolizionista alternativo. Pertanto, non risulta sorprendente che Singer, essendo il principale difensore dell’ideologia del protezionismo, e PETA, che applica quella ideologia e che ritiene che qualsiasi discussione sia “divisionista” e che minacci “l’unità” del movimento, stiano esprimendo la loro preoccupazione.

Ci sono almeno cinque motivi per i quali un abolizionista deve rifiutare il punto di vista protezionistico presentato nel testo di Singer/Friedrich.




1. Protezionismo Animale: rendere più efficiente lo sfruttamento.


Singer e Friedrich affermano che le riforme protezionistiche riconosceranno che gli esseri non-umani hanno “diritti” ed “interessi” e che le riforme allontaneranno progressivamente dagli animali lo status di proprietà o mercanzia che ha solo valore estrinseco o condizionale.
Stanno sbagliando. Le riforme che loro appoggiano non hanno niente a che vedere con il riconoscere agli animali interessi moralmente significativi che devono essere protetti anche quando non c’è un beneficio economico per gli esseri umani.
Per lo più, queste riforme, come molte misure di protezionismo animale, non fanno altro che rendere lo sfruttamento animale più economicamente redditizio per gli sfruttatori di animali e inseriscono ancora di più gli animali nel paradigma di proprietà.
Per esempio, consideriamo la campagna che ha portato ad un accordo con McDonald’s che richiede standard in teoria più “umanitari” nei mattatoi e l’aumento dello spazio per le galline da batteria.

Singer applaude queste azioni di McDonald’s, che sono state eseguite anche da Wendy’s e Burger King, come un “raggio di speranza” e “il primo segno di speranza per gli animali degli allevamenti americani da quando ebbe inizio il movimento animalista moderno”. (N.Y. Rev. of Books, 15 maggio 2003), Friedrich afferma che “c’è stato un cambiamento reale di coscienza” per quanto riguarda il trattamento degli animali utilizzati come cibo (L.A. Times, 29 aprile 2003), e Lisa Lange di PETA si congratula con McDonald’s per “dirigere il cammino nel riformare le pratiche di fornitori di fast-food riguardo al trattamento e uccisione del proprio bestiame e pollame”. (L.A. Times, 23 febbraio 2005).

Gli standard dei mattatoi approvati da Singer e PETA furono sviluppati da Temple Grandin, designer di sistemi di maneggio ed uccisione “umanitari”.
Le direttive di Grandin, che includono tecniche per muovere gli animali attraverso il processo di uccisione e stordimento, sono basate esplicitamente su preoccupazioni economiche. In accordo con Grandin, il maneggio adeguato degli animali che saranno sacrificati “garantisce all’industria della carne di funzionare con sicurezza, efficienza e con benefici economici”. Lo stordimento appropriato è importante perchè “produrrà carne di miglior qualità. Lo stordimento elettrico inappropriato causerà coagulazione di sangue nella carne e la frattura di ossa... Un animale stordito in modo appropriato produrrà un corpo fermo sul quale è sicuro per gli operai dell’industria lavorare.” Lei sostiene che “il trattamento attento ben disegnato minimizzerà i livelli di stress, migliorando l’efficienza e il mantenimento di una buona qualità di carne.
Il maneggio brusco o l’attrezzatura poveramente disegnata è a danno sia del benessere degli animali, sia della qualità della carne.” (www.grandin.com)

Discutendo in modo generale sull’uccisione e i miglioramenti nelle gabbie a cui si riferisce Singer e Friedrich, McDonald’s afferma: “gli animali che sono ben trattati sono meno inclini a malattie, ferite e stress, tutto ciò ha lo stesso impatto negativo sia sulle condizioni dei bovini, sia sulla gente.
Le pratiche appropriate di protezionismo animale portano benefici anche ai produttori.
L’attuazione delle nostre linee direttive di protezionismo animale aiuta ad assicurare una produzione efficiente e riduce gli scarti e le perdite. Questo permette ai nostri fornitori di essere altamente competitivi”. (www.mcdonalds.com)

Wendy’s enfatizza anche l’efficienza nel suo programma di protezionismo animale: “Gli studi hanno dimostrato che i metodi umanitari di maneggio degli animali non solo prevengono la sofferenza non necessaria, ma possono portare anche ad un ambiente di lavoro più sicuro per i lavoratori implicati nell’industria degli allevamenti e del bestiame.” (www.wendys.com)
In una notizia riguardante le riforme volontarie dell’industria dei bovini, il giornale Los Angeles Times affermò che “in parte, le riforme sono dirette a propri interessi. Quando un animale ha delle ferite, la sua carne diventa molle e dev’essere scartata. Persino lo stress, specialmente appena prima dell’uccisione, può intaccare la qualità della carne.” (29 Aprile 2003).

Questo esempio (e ce ne sono molti ancora) illustra come i produttori di prodotti animali, lavorando con notevoli attivisti animalisti, stanno migliorando lo sfruttamento animale in un modo economicamente efficiente mediante l’adozione di misure che migliorano la qualità della carne e la sicurezza dei lavoratori.
Ma questo non ha assolutamente niente a che vedere col fatto di riconoscere agli animali valori inerenti o diritti che dovrebbero essere rispettati, anche quando farlo non è un beneficio economico per gli esseri umani.
I cosiddetti miglioramenti nel benessere animale sono, per di più, limitati a, e giustificati per il beneficio economico degli sfruttatori e consumatori di animali.
Inoltre, i grandi sfruttatori corporativi di animali possono ora puntare al fatto che attivisti come Singer e PETA li stanno lodando per il loro trattamento supposto “umanitario” degli animali non-umani.
PETA offrì in una forma abbastanza importane il suo premio "Visionaria dell'anno 2005" a Grandin, la quale è assessore di McDonald’s e di altre catene di fast food, per i suoi “miglioramenti innovativi” nei processi di uccisione e Ingrid Newkirk di PETA lodava Grandin per “aver fatto di più per ridurre la sofferenza nel mondo di qualunque altra persona che sia vissuta” (New Yorker, 14 Aprile 2003).

Ci sono anche seri dubbi sul fatto che questi cambiamenti porteranno realmente miglioramenti significativi nel trattamento degli animali, a parte sulla questione dello sfruttamento industriale efficiente.
Un mattatoio che segue le direttive di Grandin per stordire, per quanto riguarda il lavoro di sgozzamento e altri aspetti del processo di uccisione, continua ad essere un luogo indescrivibilmente orribile.
Le galline di batteria che provengono da qualunque grande catena di fast-food possono vivere ora in un’area che è equivalente ad un quadrato di circa 81⁄2 pollici, invece dello standard dell’industria in un quadrato di circa 7 pollici, però sarebbe senza senso affermare che l’esistenza di una gallina di batteria è qualunque cosa eccetto miserabile.





2. Protezionismo Animale: facendo in modo che il pubblico stia più comodo riguardo allo sfruttamento animale

Singer e Friedrich affermano senza nessuna base che le riforme di protezione animale porteranno ad una maggiore protezione degli animali e quindi alla “liberazione animale” (più avanti si tratterà maggiormente su questo argomento). Abbiamo avuto protezionismo animale già da 200 anni, e non c’è alcuna evidenza di come le riforme di protezionismo portino ad una protezione significativa degli interessi degli animali, ancor meno all’abolizione.

Di fatto, stiamo utilizzando oggigiorno sempre più animali non-umani, e in modi sempre più orribili, rispetto a qualunque altro momento della storia.
Per quanto riguarda i miglioramenti che abbiamo realizzato in alcuni aspetti del trattamento verso gli animali, questi miglioramenti, per la maggior parte, si sono limitati a rendere lo sfruttamento più redditizio. E’ possibile anche, in teoria, andare oltre a questo livello minimo di protezione animale; poiché lo stato dei non-umani come proprietà e la preoccupazione risultante per massimizzare il valore della proprietà animale milita fortemente contro qualsiasi miglioramento significativo nel nostro modo di trattare gli animali ed assicura che il protezionismo animale consisterà poco più che rendere lo sfruttamento animale più economicamente efficiente e socialmente accettabile.
In qualunque caso, le riforme che Singer e Friedrich propongono, e che vengono promosse attualmente dalle organizzazioni corporative di protezionismo animale negli Stati Uniti, non vanno oltre il livello minimo.

Singer e Friedrich affermano che le persone critiche del protezionismo stanno dicendo “che prima di queste riforme, grandi quantità di persone stavano rinunciando a mangiare carne, ma che ora hanno deciso che, dato che gli animali non sono trattati tanto male, possono mangiare carne di nuovo”. Né io né nessun altro critico di protezionismo animale che io sappia ha mai detto una cosa del genere. Ciò che dico è che il protezionismo animale chiaramente non è dipeso dalla grande quantità di non-vegan che cambiano il proprio comportamento e rifiuta di consumare carne o altri prodotti animali, e che le riforme protezionistiche non sembra che porteranno a questa direzione in un futuro vicino, per la stessa ragione che queste riforme fanno in modo di far sentire la gente più comoda rispetto allo sfruttamento animale.

Questa comodità è il messaggio esplicito del movimento protezionistico.
I difensori degli animali affermano che posiamo “consumare con coscienza” (N.Y. times, 6 Ottobre 2004, affermazione di Paul Waldau).
Di fatto, nel recente libro di Singer “The Way We Eat: Why Our Food, Choices Matter", lui e il co-autore Jim Mason affermano che possiamo essere “onnivori coscienziosi” e sfruttare gli animali eticamente se, per esempio, decidiamo di mangiare solo animali che sono stati ben allevati ed uccisi senza dolore ed angoscia.

Il messaggio che manda questa impostazione è molto chiaro, e se Singer e Friederich pensano realmente che non incoraggia al consumo di prodotti animali, allora si stanno sbagliando. In più, le riforme protezionistiche possono incrementare la domanda e la pura sofferenza degli animali. La relazione tra aumentare la domanda e gli standard “umanitari” è riconosciuta dalle stesse persone favorevoli al protezionismo. Per esempio, la letteratura prodotta dalla Human Society degli Stati Uniti promuove la sua campagna per più alternative “umanitarie” alle celle di gestazione per le scrofe, ed afferma esplicitamente che l’adozione di sistemi alternativi può provocare un aumento della domanda o ricompense mercantili per i produttori.

Mi piacerebbe condividere con te una storia, anche se si tratta di un aneddoto, che illustra il problema. Quando il negozio “Whole Foods” aprì vicino casa mia, vendeva prodotti di carne però non avevano un reparto di carne fresca e pesce.
Adesso hanno un reparto di carne fresca e pesce. Ci sono anche cartelloni nel negozio che annunciano la “Fondazione Compassionevole Animale” fondata da Whole Foods, che raccoglie fondi affinché gli allevatori possano sviluppare modi “più umanitari” di allevare gli animali non-umani.

Tante settimane fa, stavo camminando vicino ad una vetrina di carne e dissi ad un impiegato che stava lì, che pensavo fosse un peccato che Whole Foods vendesse cadaveri. L’impiegato mi rispose: “Sa che PETA ha dato un premio a Whole Foods per come tratta bene gli animali?” Sì, certamente. Oltre a dare un premio a Temple Grandin, PETA premiò anche Whole Foods per “richiedere che i suoi prodotti aderiscano a standard rigorosi”. (www.peta.org).
The Way We Eat tratta su Whole Foods e possiede pagine e pagine di elogi e lodi verso la compagnia come un venditore di prodotti animali eticamente responsabile.
Lasciando da parte che ci siano alcuni seri dubbi riguardo agli “standard rigorosi”, che PETA e altri lodano che abbiano effetti rilevanti sulla vita e la morte degli animali di cui i cadaveri sono venduti in Whole Foods (un articolo di prossima uscita del professor Darian Ibrahim dell’Università dell’Arizona sostiene che gli standard sono inesistenti), questo tipo di impostazione può solo aumentare la confusione dove dovrebbe esserci chiarezza e induce la gente a credere che possiamo “consumare con coscienza”, quello che serve per perpetuare e legittimare il consumo di prodotti animali. Utilizzando le parole di un critico di “The Way We Eat” in Amazon.com: “Non devi diventare vegetariano, nemmeno vegano, anche se esserlo sarebbe una buona forma di vita, sia moralmente sia per la salute, però il libro sicuramente ti induce a comprare in un negozio Whole Foods e comprare polli che vivevano liberi e fare in modo che la tua provvigione di cibo provenga da un posto decente”.





3. L’obiettivo? Quale obiettivo?

Singer e Friedrich parlano di come il protezionismo promuova i “diritti degli animali” ed affermano che l’opposizione al protezionismo animale è “controproducente per l’obiettivo della liberazione animale che tutti condividiamo”. Esattamente che obiettivo è quello che tutti condividiamo?

Singer è un utilitarista che costantemente respinge i diritti morali per i non-umani e per gli umani, inoltre utilizza il linguaggio dei diritti in maniera confusa quando gli conviene. Così, visto da fuori, coloro che sostengono che gli umani abbiano certi diritti morali, come il diritto a non essere schiavizzati o di non essere utilizzati come una merce da altri, non condividono l’obiettivo di Singer almeno per quanto riguarda gli umani. Per quanto riguarda invece i non-umani, Singer non si oppone all’utilizzo in sè della maggior parte degli animali; a lui preoccupa solo il modo in cui vengono trattati. In quanto a quello di cui stiamo parlando, è solo nel contesto di una preoccupazione di non poter essere capaci di assicurare un trattamento adeguato.
Ma il suo scopo non è l’abolizione di tutto lo sfruttamento animale: in base alla teoria morale di Singer, l’abolizione non può essere un suo obiettivo.

Singer ha sostenuto costantemente che la maggior parte dei non-umani non ha un interesse a continuare a vivere perché non sono auto-coscienti allo stesso modo in cui lo sono gli umani e, come risultato, non si preoccupano se li utilizziamo; loro si preoccupano solo di come li utilizziamo. Questo rispecchia la posizione di Jeremy Bentham, l’utilitarista del diciannovesimo secolo nel quale Singer basa la sua teoria.
Bentham affermò che, anche se gli animali possono soffrire -e pertanto erano interessanti dal punto di vista morale- gli animali non si preoccupano se, per esempio, li mangiamo. A loro importa solamente come li trattiamo fino a quando li mangiamo.

Questa posizione – cioè che il problema non è l’utilizzo di per sé, ma il maltrattamento – è la base dell’ideologia del protezionismo animale e differisce dalla posizione dei diritti animali di cui ho parlato. Sostengo che se gli animali hanno un interesse nel continuare ad esistere –ed affermo che qualsiasi essere senziente ha questo interesse– allora il nostro utilizzo di loro come risorsa umana –senza importanza di quanto “umanitariamente” li trattiamo- non può essere difesa moralmente e sostengo che dovremmo cercare l’abolizione dello sfruttamento animale e non la sua regolamentazione. Questo è un argomento nel quale anche Singer sbaglia visto che sostiene che sia possibile accettare le considerazioni di un qualunque interesse riconosciuto agli animali, pur continuando ad essere considerati proprietà degli umani.
Gli interessi delle proprietà quasi sempre sono considerati meno importanti rispetto agli interessi dei proprietari della proprietà.

Non devi approfondire molto in filosofia per poter valutare la natura della “liberazione animale” di Singer. Il libro più recente di Singer non solo sostiene che possiamo mangiare animali e prodotti animali in modo etico, ma contiene anche una rivelazione che ci può aiutare a farci un’idea su Singer e i suoi punti di vista riguardo alla violenza verso i non-umani. In “The Way We Eat” Singer e Mason ci raccontano che avevano scoperto che in un’industria di tacchini avevano bisogno di lavoratori per aiutare con l’inseminazione artificiale. “Eravamo curiosi e abbiamo deciso di vedere noi stessi cosa implicava questo lavoro”. Singer e Mason sono stati tutto il giorno “raccogliendo il seme e introducendolo nelle femmine”. Prendevano i tacchini mentre un altro lavoratore “schiacciava l’apertura finché si apriva del tutto e il seme bianco usciva. Utilizzando un tubo vuoto, glielo introducevano con una specie di siringa”. Singer e Mason allora dovevano “rompere” le femmine, il che implicava imprigionarle “in modo che il loro ano fosse retto e completamente aperto”. L’incaricato all’inseminazione introduceva un tubo dentro la femmina e utilizzava una raffica d’aria compressa per introdurle il seme dentro.

E non sono stati solo i tacchini a passare dei brutti momenti. Singer e Mason si lamentano che quel giorno nella fattoria di tacchini quello è stato il “lavoro più duro, veloce, sporco, più disgustoso e peggior pagato che avessero mai fatto fino a quel momento. Durante dieci ore hanno preso e maneggiato tacchini, agitandole a testa in giù, davanti ai loro ani che li costringevano ad aprire, schivando i loro escrementi, mentre respiravano aria piena di polvere e piume perse da parte del pollame in panico”. Tutto questo sommato al “ricevere una cascata di abusi verbali da parte del responsabile. Siamo rimasti solo un giorno.” Ci si domanda se Singer e Mason sarebbero tornati il secondo giorno se le condizioni di lavoro fossero state migliori.

E’ profondamente indignante che Singer e Mason considerino moralmente accettabile il partecipare alla violenza contro i non-umani per qualsiasi proposito, specialmente per soddisfare la loro curiosità su “quello che questo lavoro veramente implica”. Non c’è modo non-specista di giustificare quello che Singer e Mason affermano di aver fatto senza anche giustificare l’atto di violentare una donna o l’abuso di un bambino, per vedere ciò che quelle azioni di violenza “veramente implicano”. Può essere che le perverse azioni di Singer con i tacchini possa spiegarsi con l’affermazione fatta nel 2001 su Nerve.com, dove diceva che “il sesso con gli animali non sempre implica crudeltà” e che possiamo avere un contatto sessuale con animali “mutuamente soddisfacente”. Comunque, se la violenza contro i non-umani è permessa sotto la teoria di Singer, non abbiamo bisogno di sapere nient’altro prima di concludere che la teoria ha dei seri errori e che i suoi obiettivi non sono probabilmente, al contrario di ciò che pensa Singer, quelli che condividiamo tutti.

Per quanto riguarda gli obiettivi di Friedrich e PETA, una cosa è chiara dopo tanti anni, ed è che la comprensione di PETA sui “diritti animali” è, a dir poco, idiosincratica. Per citare un solo esempio tra tanti, nessuna teoria di diritti animali che io conosca permetterebbe l’uccisione in massa dei non-umani sani, come è successo nel “santuario” di Aspen Hill di PETA nel 1991, o, più recentemente negli uffici corporativi di PETA e da parte di impiegati di PETA che in teoria ingannano per conseguire animali sani che vengono successivamente uccisi e buttati nell’immondizia.
Penso che se sei d’accordo con Singer –che gli animali che PETA uccise non avevano un certo interesse nelle loro vite, ma solo volevano una morte “compassionevole”- questo ha senso per te. Tuttavia io sarei in disaccordo.

Quando gli attivisti degli animali questionano i protezionisti di corporazioni, la risposta più comune è dire che tutti abbiamo lo stesso obiettivo, tutti stiamo lavorando per gli animali, e che la discussione minaccia l’unità del movimento. Allo stesso modo il “consumo compassionevole” e la nozione di “unità del movimento” sono una finzione utilizzata per mantenere il controllo sul discorso e le strategie. Non c’è un’unità del movimento perché esiste una differenza enorme tra la posizione diritti/abolizionista e quella di protezionismo/regolamentazione, e tra chi sostiene che dovremmo essere così “fanatici” (per usare la descrizione di Singer) sullo specismo come lo siamo sullo sfruttamento umano, e chi, come Singer, non lo sono. Le proclamazioni sull’“unità” del movimento sono semplicemente un altro modo di dire agli attivisti che non devono mettere in discussione il controllo del movimento da parte dei protezionisti corporativi.





4. Protezionismo Animale o Niente: la falsa dicotomia.


Singer e Friedrich sostengono che chi è preoccupato per i non-umani ha due opzioni: cercare il protezionismo animale o non fare niente per aiutarli. Questo implica che la posizione abolizionista è troppo idealista e non può proporzionare una strategia da seguire a corto termine. Questo è uno stratagemma comune dei protezionisti e non è chiaro per me se veramente credono quello, o se è solo uno slogan. In qualunque modo, Singer e Friedrich ci pongono davanti a una falsa dicotomia.

Stiamo provocando dolore, sofferenza e morte a milioni di non-umani ogni anno. Nessuno –persino l’abolizionista più convinto- sostiene che possiamo fermare questo dalla mattina alla sera o, di fatto, in poco tempo. Il problema che affronta l’attivista è cosa fare adesso. Inoltre, viviamo in un mondo di tempo limitato e con risorse limitate. Non possiamo fare tutto. Quindi, la questione –almeno per coloro che hanno l’obiettivo abolizionista- risulta essere: cosa dobbiamo scegliere di fare adesso per ridurre la sofferenza il prima possibile, ma che al tempo stesso sia consistente con la posizione abolizionista, e che possa costruire un movimento politico per successivi cambiamenti, sempre in una direzione abolizionista?

Io direi che il protezionismo non è la scelta razionale per l’abolizionista. E’ un po’ tardi per fare il gioco di promuovere il protezionismo animale come un “semplice passo” che ci porterà nel percorso del nostro lungo viaggio. Abbiamo speso migliaia di milioni di dollari, e quali risultati possiamo mostrare? Io ritengo che la risposta sia: niente e certamente niente che potrebbe essere descritto come un impiego efficiente delle nostre risorse limitate.
Singer e Friedrich citano l’Animal Welfare Act –una legge degli Stati Uniti d’America, che pretende la regolamentazione dell’utilizzo dei non-umani negli esperimenti e spettacoli e citano anche l’U.S. Human Slaughter Act, come esempi di leggi protezionistiche che lascerebbero gli animali in una situazione peggiore se non ci fossero. Io non sono d’accordo.

L’Animal Welfare Act, che non si applica al 90% dei non-umani utilizzati negli sperimenti, non impone limiti reali sostanziali riguardo a ciò che i vivisezionisti possono fare con gli animali in laboratorio. Proporziona invece, una risorsa destinata alla comunità scientifica e alle persone come Singer e Friedrich, per indicare e assicurare al pubblico che esiste una regolamentazione della vivisezione. L’U.S. Human Slaughter Act –che non si applica alla maggioranza degli animali che ci mangiamo- si concentra, in qualunque modo, nel ridurre il danno ai cadaveri e migliorare la sicurezza dei lavoratori. Di nuovo, il suo principale scopo è fare in modo che i consumatori si sentano più comodi. Questa legge non pretende più protezione di quella che un proprietario razionale darebbe in primo luogo, e ci sono tantissimi esempi in cui il governo degli Stati Uniti d’America non ha applicato questa legge.

Singer e Friedrich citano anche come esempio del progresso del protezionismo animale che “le modifiche della densità delle galline ovaiole, anche se sono state poche, significano che le condizioni sono andate da un 20% di morte in un anno a 2% o 3% annuo”. Questo è particolarmente ridicolo, dato che il 100% delle galline e dei polli saranno finalmente uccisi.

Qualunque riduzione delle morti prima del mattatoio mantiene il pollame vivo durante più tempo in condizioni orribili e aumenta i benefici degli sfruttatori. Dunque, i protezionisti hanno avuto successo nell’educare gli sfruttatori su come, utilizzando parole di McDonald’s, “assicurare una produzione efficiente e ridurre […] le spese e perdite”. Singer e Friedrich possono trovare questo eccitante. Io no.

Dunque, cosa può fare oggi un abolizionista in modo tale da ridurre la sofferenza in tempi brevi in modo efficiente e che sia coerente col fine abolizionista? Il punto di vista abolizionista proporziona una guida pratica in tantissimi aspetti.
Lo strumento più importante di cambiamento progressivo è la decisione dell’individuo di diventare vegano. Il veganesimo, o il rifiuto a tutti i prodotti animali, è molto di più di una questione di dieta o stile di vita; è un’affermazione politica e morale nella quale l’individuo accetta il principio di abolizione nella sua propria vita.
Il veganesimo è l’unico traguardo veramente abolizionista che tutti possiamo raggiungere, e raggiungerlo immediatamente, iniziando con il nostro prossimo cibo.
Se facciamo diventare effettivo un cambio significativo nel nostro trattamento degli animali e vogliamo porre fine un giorno a quell’uso, è un imperativo che ci sia un movimento politico e sociale che cerchi attivamente l’abolizione e consideri il veganesimo come parte della linea morale di base. Non c’è, ovviamente, distinzione tra la carne e altri prodotti animali tali come le uova, i latticini, o tra le pellicce, cuoio, seta o lana.

La maggior parte delle organizzazioni nazionali della difesa animale negli Stati Uniti si concentrano nel benessere animale, anche se fanno qualche servizio al veganesimo. Un eccellente esempio di questo è PETA. Da un lato PETA sembra promuovere il veganesimo. Dall’altro lato le campagne di PETA sono, per la maggior parte concentrate nella regolazione tradizionale di benessere e PETA promuove attivamente e in modo confuso il concetto di prodotti animali ottenuti “umanitariamente”.
Non c’è, ciononostante, nessun sentimento nel quale il veganesimo sia promosso come una linea morale alla base del movimento. In cambio, il veganesimo è presentato meramente come un’elezione opzionale di stile di vita ed è frequentemente presentato come difficile e solo per i pochi convinti, invece di essere una forma facile di eliminazione dello sfruttamento.

Il movimento corporativo, del quale molti dei “lider” non sono essi stessi vegani, presenta la posizione abolizionista/vegana come l’“estremo” o posizione “radicale”, facendo si che la posizione “normale” o “maggioritaria” sia quella nella quale intendiamo “consumare con compassione”.
Di fatto, Singer afferma che “non dobbiamo essere fanatici” sulla questione dell’alimentazione e che “un po’ di auto-indulgenza se puoi mantenerla sotto stretto controllo” è accettabile (The Way We Eat, 281, 283).
Per certo, mai diremmo che “un po’ di auto-indulgenza” è accettabile quando ci riferiamo a violazioni, assassinati, abusi su minori o altre forme di sfruttamento umano, però lui così soprannominato “padre del movimento dei diritti animali” ci assicura che “un po’di auto-indulgenza” al partecipare come consumatori nell’uccisione brutale di essere non-umani non è niente di cui preoccuparsi.
E’ accettabile, di fatto è prevedibile, essere “fanatico” in quanto al non abusare di bambini o altre forme serie di sfruttamento umano, però Singer ci dice che è accettabile essere flessibili quando ci si riferisce allo sfruttamento di non-umani.

Un movimento che cerca l’abolizione deve avere il veganismo come principio basilare e non dovrebbe come sua posizione “principale” il fatto di poter essere “onnivori coscienti” che possono “consumare con compassione”. Dobbiamo essere chiari. Il consumo “compassionevole” è un mito insidioso. Tutti i prodotti animali, includendo quelli sigillati insidiosamente come “Certificato di Maneggio e Allevamento Umanitario” da diverse organizzazioni corporative di benessere animale, implicano una brutalità indescrivibile.
L’educazione abolizionista e sul veganismo, includendo i boicottaggi, le dimostrazioni pacifiche, i programmi educativi per le scuole, ed altri atti non-violenti dedicati ad informare la società sulle dimensioni morali, medio-ambientali e di salute del veganismo e l’abolizione proporzionano strategie pratiche e graduali, tanto in termini di ridurre la sofferenza animale adesso, come in termini di costruire un movimento nel futuro che sia capace di ottenere legislazioni più significative in forma di proibizioni, invece di mere regolamentazioni “umanitarie”.

Se, alla fine degli anni Ottanta, –quando la comunità di difesa animale negli Stati Uniti decise molto deliberatamente di seguire un’agenda di protezionismo- una porzione sostanziale dei mezzi del movimento fossero stati investiti in educazione e promozione del veganismo, ci sarebbero certamente diverse centinaia di migliaia in più rispetto ad oggi.
Questa è una stima molto conservatrice, dati le centinaia di milioni di dollari che sono stati spesi dai gruppi di difesa animale per promuovere legislazioni e iniziative di benessere. L’aumento del numero di vegani ridurrebbe di più la sofferenza al diminuire la domanda di prodotti animali rispetto a tutti gli “esiti” di benessere sommati e moltiplicati per dieci.
Aumentare il numero di vegani aiuterebbe anche a costruire una base politica ed economica necessaria per il cambiamento legale. Dato che c’è un tempo limitato e i mezzi economici disponibili sono limitati, l’espansione del benessere animale non è un’elezione razionale ed efficiente se cerchiamo l’abolizione a lungo termine o anche se solo cerchiamo di ridurre lo sfruttamento animale a breve termine.

Singer afferma che la realtà è che “diventare vegano è tuttavia un passo abbastanza grande per la maggioranza” (The Way We Eat, 279).
Lasciando da parte il fatto che più gente potrebbe essere incline a farsi vegana se Singer e il movimento corporativo di benessere non dicesse loro che possono consumare prodotti animali “con compassione”, la soluzione è il veganesimo progressivo, non i prodotti animali “umanitari”.

Per esempio, una campagna con lo scopo di far sì che la gente consumi un pasto vegano al giorno, e poi due, e poi tre, è molto migliore che incitarla a consumare carne in modo “ecologico” in tutti e tre i pasti. Però il messaggio dovrebbe essere chiaro: veganesimo, e non “consumo compassionevole”, è il principio basilare di un movimento che promuove l’abolizione.
A questo punto, è molto poco probabile che la maggior parte delle campagne regolatrici e legislative che cercano di andare più in là delle tradizionali riforme di benessere abbiano esito; non c’è una base politica che sostenga tali riforme perchè il movimento corporativo non ha cercato di costruirla.

Ciononostante, se gli attivisti desiderano lavorare in tali campagne, queste dovrebbero come minimo implicare proibizioni e non regolamentazioni. Queste proibizioni riconoscerebbero che gli animali hanno interessi che vanno oltre a quelli che devono essere protetti per poter sfruttare gli animali e che non possono essere compromessi per motivi economici.
In nessun momento gli attivisti degli animali dovrebbero proporre alternative o sostituti presunti più “umanitari”. Per esempio, una proibizione sull’utilizzazione di animali in un tipo particolare di esperimento di una specie per un’altra. Ma voglio chiarire che non sono d’accordo con l’investimento di nessun mezzo in campagne regolatrici o legislative in questo momento. Il compromesso politico richiesto abitualmente risulta in genere nella ripugnante ricerca di benefici. In cambio, il movimento abolizionista dovrebbe concentrarsi nel veganismo, il quale è un modo molto più pratico ed effettivo di ridurre lo sfruttamento animale.

Sottolineo il fatto che il movimento abolizionista dovrebbe abbracciare un’impostazione non-violenta, tanto al livello delle interazioni individuali come una questione ideologica del movimento. Come ho argomentato tempo fa, il movimento di diritti animali dovrebbe guardare a se stesso come il seguente passo nel progresso del movimento pacifista; come un movimento che rifiuta l’ingiustizia.
Il problema dello sfruttamento animale è complicato ed implica radici che scavino nella nostra cultura patriarcale e nella nostra inquietante tolleranza della violenza contro i vulnerabili. Non solo la violenza è problematica come questione morale, ma anche risulta poco solida come strategia pratica. Mai otterremo risultati finché utilizzeremo la violenza per cercare di creare un movimento sociale a favore dell’abolizione.
Come Mohandas Gandhi sostenne, la forza più potente con la quale opporsi all’ingiustizia non è la violenza, ma la non-cooperazione. Non c’è miglior forma di rifiutare di cooperare con lo sfruttamento dei non-umani che eliminarlo dalla propria vita attraverso il veganismo e il lavoro per educare gli altri perché facciano lo stesso.

E’ inquietante anche vedere fino a che punto PETA impieghi il sessismo nelle sue campagne, letteratura ed eventi. Lo specismo è molto in relazione con il sessismo ed altre forme di discriminazione contro gli uomini. Finché continueremo a trattare le donne come carne, continueremo a trattare i non-umani come carne. E’ un buon momento perché gli attivisti seri chiarifichino a PETA che il sessismo è distruttivo e controproducente.





5. “Da che parte stai?” Buona domanda.

Singer e Friedrich terminano il loro saggio domandando: “Da che parte stai?” Ci dicono che tutti gli sfruttatori di animali si oppongono al benessere animale e chiedono se vogliamo stare dalla parte degli sfruttatori di animali che si oppongono al benessere animale o dalla parte di Singer e Friedrich che appoggiano il benessere animale. Questa domanda di Singer e Friedrich è problematica in almeno due aspetti.
Il primo, assume che se gli sfruttatori di animali si oppongono al benessere animale, deve essere perché il benessere animale è realmente dannoso per gli sfruttatori di animali. Ciò non ha senso e indica ingenuità. Un’industria può opporsi alla regolarizzazione anche quando questa non va realmente contro lei ed anche quando la regolarizzazione può portare benefici. Un caso è quello che comprende l’emendamento federale del 1985 nell’Atto di Benessere Animale, il quale creò “comitati di cura animale” per tutelare gli sfruttatori con animali. Questi comitati non solo hanno sbagliato nell’adeguare alcune limitazioni significative agli sfruttatori con animali, ma hanno anche isolato con efficacia la vivisezione dalla verifica pubblica di più rispetto a prima del 1985. I vivisezionisti si opposero pubblicamente nel 1985 all’emendamento, anche se molti vivisezionisti mi hanno detto in privato che l’emendamento non era, in generale, dannoso alla pratica di utilizzo degli animali. Loro si opposero perché si oppongono al principio di qualunque regolarizzazione governativa sull’utilizzo degli animali. Sarebbe difficile incontrare un vivisezionista che dica, seriamente, che l’emendamento del 1985 ha fatto qualcosa per restringere la vivisezione e molti sono incantati del fatto che adesso possono assicurare al pubblico che c’è un comitato che controlla tutti gli esperimenti con animali.

Il secondo aspetto riguarda il fatto che Singer e Friedrich stanno di fatto sbagliando nel numero di grandi sfruttatori di animali che apertamente e pubblicamente abbracciano le riforme di benessere animale che Singer e Friedrich approvano. McDonald’s ed altri hanno fatto ciò perché comprendono di aver conseguito un accordo. Essi realizzano cambiamenti minimi che sono superati dai vantaggi per i benefici dati dalla grande pubblicità che ottengono da famosi sostenitori del benessere. Un azionista di queste compagnie sarebbe giustificato a lamentarsi se non si fosse accettata l’“offerta” che PETA e altri offrirono se questo potesse solo aumentare la ricchezza dell’azionista.
Anche se generalmente non credo che domande simili come “da che parte stai?” siano di aiuto, farò un’eccezione in questo caso e farò la stessa domanda.

Quindi:

  • Singer sostiene che l’utilizzo di animali di per sè non costituisce un problema morale perchè la maggioranza di non-umani non ha interesse nel continuare a vivere;

  • Singer sostiene che possiamo consumare animali in modo etico;

  • Singer considera che infliggere violenza ai non-umani è un modo accettabile di imparare sullo sfruttamento animale;

  • PETA uccide (“eutanasia” è un termine errato perché implicherebbe una morte per l’interesse dell’animale) milioni di cani sani perché PETA apparentemente accetta la posizione di Singer riguardo al fatto che gli animali non abbiano un interesse fondamentale e moralmente importante nel continuare a vivere. “Diritti animali” significa esecuzioni “umanitarie”.

  • PETA promuove campagne che sono appoggiate dagli sfruttatori corporativi di animali, e concede premi agli sfruttatori di animali.

  • PETA ha distrutto moltissimo il movimento dei diritti animali nel convertire la questione dello sfruttamento animale in un gran colpo di auto-promozione davanti ai mass media, e ha fatto del sessismo un tema constante nelle sue campagne animaliste.


Così… Da che parte stai?



© 2006 da Gary L. Francione. L'autore può essere contattato attraverso la posta elettronica: gfrancione [at] earthlink.net
L’autore non ha revisionato questa traduzione.
Gary L. Francione è Professore di Legge e Filosofia della Scuola di Legge dell’Università Rutgers di Newark, New Jersey. E’ l’autore di Introduction to Animal Rights: Your Child or the Dog? (2000), Animals, Property, and the Law (1995), e Rain Without Thunder: The Ideology of the Animal Rights Movement (1996). Il suo libro più recente è Animal Rights, Animal Welfare, and the Law.

Versione originale in inglese:
http://www.abolitionist-online.com/article-issue05_gary.francione_abolition.of.animal.exploitation.2006.shtml



Uguaglianza Animale non condivide ogni questione espressa dall’autore nell’articolo; ciononostante, consideriamo interessante la sua pubblicazione per il contributo che può dare alla causa dell’uguaglianza animale.

http://www.igualdadanimal.org
http://www.animalequality.net

Incatenati contro l'industria della pelliccia






Lo scorso sabato 14 febbraio, durante la celebrazione della settimana internazionale della moda, che ha visto un intero padiglione della fiera, dedicato alla vendita di pelle di animali -Iperpiel- quattro attivisti di Uguaglianza Animale si incatenarono agli espositori della fiera mostrando quattro cadaveri di animali, procurati in un allevamento di visoni spagnolo, che erano stati uccisi e scuoiati dall'industria della pelliccia.




Nel frattempo venti attivisti manifestavano all'uscita della fiera con cartelloni e striscioni per l'abolizione dell'uso degli animali come vestiario, simulando un fiume di sangue. Entrambe le azioni pacifiche per i diritti degli animali fanno parte del nostro attivismo e di disobbedienza civile, caratteristico di Uguaglianza Animale / Animal Equality.























La doppia protesta ha ottenuto un' eccellente ripercussione da parte dei media, uscendo in varie televisioni e giornali nazionali, come La 1, Antena 3, Cuatro, El Mundo, ABC, e in circa in 30 giornali digitali. Prossimamente un canale nazionale includerà queste azioni in un reportage, così come il video del riscatto aperto di visoni, che abbiamo realizzato alcuni mesi fa e che si può vedere in:
http://www.vimeo.com/1431989

I quattro attivisti che si incatenarono allo stand furono arrestati dalla polizia nazionale, dopo aver tagliato le loro catene, e furono detenuti per 8 ore nel commissariato di Moratalaz, con l' accusa di disordine pubblico, resistenza e disobbedienza all'autorità.





Mentre noi abbiamo mostrato quattro visoni uccisi dopo aver trascorso la loro vita rinchiusi in una gabbia ed essere stati scuoiati per diventare articoli da indossare, solo in Spagna ogni anno più di 400.000 visoni vivono questa crudele realtà. Oltre a loro, molti altri animali come le mucche, i cincillà, i conigli o le pecore vengono utilizzate per realizzare questi articoli.
Noi di Uguaglianza Animale manifestiamo il nostro totale e assoluto rifiuto verso tutte le forme di sfruttamento degli animali. Il loro utilizzo come vestiario è uno degli ambiti nel quale si schiavizzano animali quotidianamente, allo stesso modo l'uso di animali per alimento, per intrattenimento o per la sperimentazione, non considerando i loro stessi interessi. Questo rispetto implica il cessare di partecipare al loro sfruttamento diventando vegani/vegane.

Perché nessun animale è uno schiavo.


Foto della manifestazione:
http://www.flickr.com/photos/igualdadanimal/sets/72157613807758438/
http://www.flickr.com/photos/igualdadanimal/sets/72157613809313200/

Video fatto da un telegiornale:
http://www.youtube.com/watch?v=X5jj5yAjqPc


http://www.igualdadanimal.org

Incatenati davanti al circo

La scorsa domenica 8 febbraio, dalle 11:00 alle 20:00, sei attivisti di Uguaglianza Animale si sono incatenati all’entrata del Circo Americano (Faggioni Brothers) a Madrid, simulando per più di otto ore la terribile situazione degli animali utilizzati in questi spettacoli. Hanno mostrato delle fotografie scattate durante un’indagine realizzata nello stesso circo.





Nel frattempo, altri attivisti mostavano cartelloni e uno striscione con scritto:
"Per alcuni minuti di divertimento, tutta una vita di sofferenza - No ai circhi con animali"

TUTTE LE FOTO DELLA MANIFESTAZIONE:
http://www.flickr.com/photos/igualdadanimal/sets/72157613539494822/


Durante la manifestazione si sono mostrati cartelloni con fotografie degli animali utilizzati in quel circo. Sono state scattate da un'attivista che, rischiando parecchio, realizzò un'indagine nello stabile del Circo Americano. Queste fotografie riflettono la cruda realtà di catene, prigione, privazione, maltrattamenti fisici e ciccatrici, che questi animali subiscono nella loro ingiusta prigionia.

L'idea era quella di incatenarci al suolo come vengono incatenati gli elefanti e altri animali nel circo. Le catene e i lucchetti erano resistenti alle cesoie, in modo tale che se le avessero volute tagliare, avrebbero incontrato molte difficoltà.

Abbiamo introdotto nei fori una sostanza chimica che, in pochi minuti a contatto con l'aria, si è solidificata, come se fosse stata di pietra. All'interno di questa sostanza abbiamo inserito grandi viti d'acciaio con le catene, agganciate alle nostre caviglie con i lucchetti d'acciaio. Un poliziotto è riuscito a togliere due viti mentre la sostanza era ancora molla, ma le abbiamo subito reinserite nei fori e poco dopo era impossibile ritirarle fuori senza attrezzatura.

Il direttore e gli altri lavoratori del circo erano molto infastiditi dal fatto che mostravamo immagini degli stessi animali che loro tenevano in schiavitù. Anche se il direttore riconobbe alcune immagini come sue - in verità lo erano tutte - successivamente davanti ai giornalisti lo ha negato, seppure abbiamo centinaia di fotografie ad alta risoluzione e un paio d'ore di filmato che mostrano gli animali dentro il tendone, lavoratori che utilizzano bastoni e ganci per colpire gli elefanti, tre dromedari pieni di ciccatrici a causa dei colpi ricevuti, una delle due zebre con malformazioni e incapace di restare in piedi senza soffrire, uno dei due lama con una ferita infettata (prima ne tenevano più di due, ma gli altri sono morti a causa di una vita miserabile) e i quattro elefanti manifestando comportamenti stereotipati.





FOTOGRAFIE DELL'INCHIESTA NEL CIRCO AMERICANO:

http://www.flickr.com/photos/igualdadanimal/sets/72157611217107053/show



Video reportage fatto da un telegiornale: